
Avanziamo con cautela, sebbene tutto
sembri deserto: ad una cinquantina di metri dal ponte notiamo
chiaramente che la struttura è minata. Vasilij, che con la sua
esperienza di tiratore scelto ha sviluppato un grande spirito di
osservazione ed è dotato di occhio di falco, osserva preoccupato dei
palazzi collocati oltre il ponte, ma poi, rasserenato, ci fa cenno di
avanzare tranquilli.
Ci alziamo per andare a sminare il
ponte e dalle finestre del palazzo partono una serie di spari: un
soldato, colpito in testa, cade morto, Fedor è ferito al braccio, io
sento i colpi sibilarmi intorno. Ci rifugiamo dietro ripari di
fortuna.
Provo a sistemare la mia
mitragliatrice, ma una serie di spari mi dissuadono. Intanto i nostri
tiratori scelti rispondono al fuoco, e Ludmilla dimostra di essere un
po’ più scelta di Vasilij: due colpi, due caduti, mentre il
maschietto ne colpisce solo uno. Non per nulla conta già 200 vittime
a 100. E non è l’unico dei suoi pregi, come è chiaro
immediatamente a chiunque veda Ludmilla in foto o dal vero: un vero
prototipo di Donna comunista, se mi è concesso il commento piccante.
Mentre discutiamo se sia fattibile una
sortita sino al ponte da sminare, considerando i metri allo scoperto
e la copertura limitata che possiamo fornire, dai palazzi si sente
una voce potente, dal chiaro accento ucraino, che ci giunge distinta.
«Se
volete passare, dovete consegnarci tutte le provviste.»

Rispondiamo dunque che non abbiamo
l’autorità di accettare la richiesta, ma che dobbiamo conferire
con il nostro Maggiore e chiediamo che ci sia concesso di tornare fra
le nostre linee a tal scopo. Ottenuto il permesso, torniamo indietro:
non ci sparano.
Dal diario del commissario del popolo Jakov Pavlov
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