martedì 23 gennaio 2018

L'oro dei nazisti


Il maggiore Azi ordina di farli a pezzi, ma Otto lo scienziato ottiene di far legare un morto al carro armato, con robuste catene, per poterlo studiare al meglio. È vero, senza dubbio Stalin saprà già benissimo cosa stia succedendo ai morti, ma ogni elemento può essere utile alla Causa.
Mentre il grosso della truppa è accampato alla meglio, Otto, Vasilij ed io restiamo ad osservare il comportamento del morto per tutta la notte. Presto, il cadavere si risveglia, inizia a tirare le catene al punto di farle scricchiolare: la sua forza è sovrumana.
Attraverso una serie di esperimenti, scopriamo che:
1) i morti si muovono;
2) i morti desiderano addentare la carte, ma solo quella dei vivi (sputano carne di altri morti che venga loro infilata in bocca);
3) i morti non perdono forza se si spezzano loro le ossa;
4) i morti non rimuoiono se si spezza loro la testa;
5) i vivi, se rimangono tutta la notte alla pioggia gelida, si possono ammalare.

In effetti, il mattino dopo io ho una gran febbre, Vasilij sta quasi altrettanto male, ma per fortuna Otto ci somministra alcuni farmaci efficaci e, fortuna ancora più grande, ci sono altri malati nella truppa, così il maggiore Azi non se la prende troppo con noi, visto che comunque non ci si può muovere.
Nell’attesa, però, c’è una scoperta interessante: un giovane sergente riporta di avere scoperto una vecchia banca, con la cassaforte (anzi, il caveau) ancora intatto. Il maggiore Azi si fa portare sul posto, ed io lo seguo: devo verificare che tutto si svolga secondo uno scrupolo comunista. Ci seguono anche il dottore e Fedor, esperto scassinatore, che apre la porta del caveau in pochi minuti. A questo punto, accade un fatto strano: Otto comincia a farneticare, dice che lì dentro ci saranno dei camici bianchi, si allontana come impaurito.
Inutile dire che nel caveau non c’è traccia di camici bianchi: c’è, invece, un bel cumulo di lingotti d’oro, con impresso il simbolo nazista, che espropriamo in nome del popolo e, per il momento, teniamo noi.

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