sabato 20 gennaio 2018

Contrattazioni


Le ombre sono oramai lunghe, il maltempo limita la visibilità: a stento si intravedono le luci nei palazzi, sicché io e Fedor riusciamo a strisciare giù dalla riva non visti. Intanto, sentiamo il maggiore Azi, scortato da un plotoncino, richiedere a gran voce un colloquio col capo degli ucraini: gli viene concesso.
Mentre tutte le attenzioni sono focalizzate su di lui, io e Fedor avanziamo come tigri siberiane sulle scoscese ed infide rive del fiume, sempre al riparo dagli sguardi. Una delle grandi risorse della Rivoluzione è il collettivo: se un compagno si trova in difficoltà e non riesce nel suo intento, ve ne è sempre un altro, lieto di portare a termine il suo compito. Quel che conta, è il risultato di tutti: non ci sono invidie, solo amore per il bene comune. E così, quando uno fra me e Fedor (non importa chi) scivola, cade, si ferisce, l’altro è ancora sano e riesce a continuare la missione. Il ferito, consapevole di essere ora un peso, lo lascia andare, e il sano striscia sotto il ponte, individua i fili che collegano le mine, li recide nei punti giusti.
Nel frattempo, di sopra prendono tempo, ma qualcosa deve andare storto. Abbiamo finito il nostro lavoro sotto, stiamo per tornare di sopra, quando notiamo un movimento: Fedor mi dice che qualcuno degli ucraini è sotto il ponte, dall’altra parte, si deve essere accorto di qualcosa. Un colpo parte dalla canna del carro armato, colpisce il palazzo, lo fa crollare. Sentiamo urla, spari. Gli ucraini hanno un cannone anticarro, ma due precisi colpi di Ludmilla e di Vasilij freddano i due uomini che lo stanno utilizzando prima che possano prendere la mira. Avanziamo col carro, con i soldati, con i camion sopra il ponte oramai sicuro e prendiamo, senza colpo ferire, le macerie del palazzo, dove troviamo i cadaveri di nove ucraini.

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