Nel frattempo, per mostrare l’ardore
che tutti i compagni debbono avere, io prendo il comando di un gruppo
di soldati e mi incarico di prendere possesso del palazzo che sta
alla nostra destra: non vorrei che il cecchino avesse modo di
arrivarci vicino e di coglierci su un fianco.
Con cautela bolscevica saliamo le
scale, passo passo arriviamo al terzo piano senza incontrare nemici.
Al quarto… «Compagni, è
tutto minato!», esclamo. In realtà, esclamo «Compagni, è tutto
min...» e vengo interrotto da un’esplosione e coperto da una gran
numero di calcinacci. Fortunatamente, mentre esclamavo mi ero buttato
a terra e rimango illeso, ma alcuni compagni sono feriti: uno, è
privo di gambe. Lo portiamo giù di peso, dove il dottore gli
somministra generosamente vodka. Non penso che lo aiuterà a
sopravvivere.
Indomito,
decido di verificare anche le condizioni del palazzo alla nostra
sinistra: salgo, con cautela raddoppiata, insieme a Fedor. Ci
separiamo, ma non tardiamo a renderci conto che anche questo palazzo
è minato. Fedor prova a rimediare un po’ di esplosivo, ed ecco lo
vedo faccia a faccia con un tizio in divisa da SS: questi gli
sorride, e se ne va.
Intanto,
le dinamiti sono state gettate, il polverone si è alzato, il cannone
ha sparato: ha abbattuto la torre, ma ha anche colpito il palazzo col
bagliore. Evidentemente, è stato inutile.
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