lunedì 30 aprile 2018

La fabbrica di carri armati


Non appena facciamo atto di avviarci verso il padiglione centrale, però, veniamo sorpresi da alcuni colpi di fucile, sparati dall’interno. Subito capisco che i nostri aggressori non possono essere molti, così decido di lanciarmi all’assalto, certo di ispirare proletario ardore nei petti dei miei compagni.
Devo ammettere che, in altre occasioni, il lanciarmi all’assalto mi è riuscito meglio. Alcuni proiettili mi sibilano vicinissimi, con un balzo entro nell’edificio attraverso una finestra, inciampo, mi pianto una barra di ferro, sporgente da un muro crollato, in una coscia.
Lo scopo, però, è raggiunto: sento la reazione dei miei, sento i nemici (volgari ribelli) urlare e cadere, vedo infine i compagni venire ad aiutarmi. Per strapparmi il ferro dalla gamba devono tirare in due, ma alla fine sono libero, benché zoppicante.

Ci addentriamo quindi nei meandri della grande fabbrica. Nella prima stanza, quella dell’assemblaggio finale, troviamo dei proiettili, negli uffici dei documenti inutili e dei progetti per quello che sembra un nuovo carro. Stiamo per inoltrarci nella stanza del montaggio, quando sentiamo un rumore minaccioso, poi ecco comparire un cosacco (morto) su un cavallo (morto pure lui) lanciato al galoppo! Il primo pensiero è: “Dunque anche gli animali tornano in vita?”. Il secondo: “E ora come mi salvo?”.
Fortunatamente, il nostro nemico pare puntare diritto sul Capitano. Ancor più fortunatamente, prima che possa essergli addosso il nostro tiratore scelto prende la mira con un fucile anticarro e centra in pieno il cosacco, che rimuore sul colpo. Meno fortunatamente, il rinculo dell’arma fa cadere il tiratore scelto dal mucchio di ciarpame sul quale si era appostato: rotolando giù, si procura tutte le ferite che avremmo probabilmente riportato nello scontro.
Mi avvicino al due volte cadavere: proprio nel centro della fronte ha un buco da proiettile. Guardo il nostro Capitano: probabilmente, si era trattata di una esecuzione, peraltro giustissima dato che questi maledetti Cosacchi osano non solo criticare, ma perfino ribellarsi al nostro glorioso Stalin.

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