Non appena facciamo atto di avviarci
verso il padiglione centrale, però, veniamo sorpresi da alcuni colpi
di fucile, sparati dall’interno. Subito capisco che i nostri
aggressori non possono essere molti, così decido di lanciarmi
all’assalto, certo di ispirare proletario ardore nei petti dei miei
compagni.
Devo ammettere che, in altre occasioni,
il lanciarmi all’assalto mi è riuscito meglio. Alcuni proiettili
mi sibilano vicinissimi, con un balzo entro nell’edificio
attraverso una finestra, inciampo, mi pianto una barra di ferro,
sporgente da un muro crollato, in una coscia.
Lo scopo, però, è raggiunto: sento la
reazione dei miei, sento i nemici (volgari ribelli) urlare e cadere,
vedo infine i compagni venire ad aiutarmi. Per strapparmi il ferro
dalla gamba devono tirare in due, ma alla fine sono libero, benché
zoppicante.
Ci addentriamo quindi nei meandri della
grande fabbrica. Nella prima stanza, quella dell’assemblaggio
finale, troviamo dei proiettili, negli uffici dei documenti inutili e
dei progetti per quello che sembra un nuovo carro. Stiamo per
inoltrarci nella stanza del montaggio, quando sentiamo un rumore
minaccioso, poi ecco comparire un cosacco (morto) su un cavallo
(morto pure lui) lanciato al galoppo! Il primo pensiero è: “Dunque
anche gli animali tornano in vita?”. Il secondo: “E ora come mi
salvo?”.
Fortunatamente, il nostro nemico pare
puntare diritto sul Capitano. Ancor più fortunatamente, prima che
possa essergli addosso il nostro tiratore scelto prende la mira con
un fucile anticarro e centra in pieno il cosacco, che rimuore sul
colpo. Meno fortunatamente, il rinculo dell’arma fa cadere il
tiratore scelto dal mucchio di ciarpame sul quale si era appostato:
rotolando giù, si procura tutte le ferite che avremmo probabilmente
riportato nello scontro.
Mi avvicino al due volte cadavere:
proprio nel centro della fronte ha un buco da proiettile. Guardo il
nostro Capitano: probabilmente, si era trattata di una esecuzione,
peraltro giustissima dato che questi maledetti Cosacchi osano non
solo criticare, ma perfino ribellarsi al nostro glorioso Stalin.